50 anni di “Nursery Cryme”, 7.a tappa: il processo creativo – AUDIO, VIDEO & RICORDI

“Nursery Cryme” compie 50 anni. Ci avviciniamo al compleanno attraverso le tappe che hanno portato a questo album di svolta nella storia dei Genesis, con audio, video, documenti e molto altro ancora.

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La settima tappa vede i Genesis, nell’estate del 1971, in ritiro alla Luxford House per comporre l’album. Ecco il loro racconto del processo creativo.

Come abbiamo visto nelle precedenti puntate, hanno fatto il loro ingresso nei Genesis Phil Collins – LEGGI  e Steve Hackett nella seconda metà del 1970 – LEGGI -.

E, dopo i primi concerti della nuova formazione LEGGI, è arrivato il momento di pensare seriamente al nuovo album.

Ma ci sono alcuni problemi come la mancanza del genio compositivo di Anthony Phillips, un notevole cambiamento per i vecchi membri della band. Per i nuovi, invece, la sfida è abituarsi ai diversi metodi di scrittura dei componenti. Ma collocazione nella bellissima campagna inglese rende tutto meno difficile – LEGGI -.

Racconta Phil Collins nella sua autobiografia – Acquistala qui sotto e, oltre all’autore, aiuti anche Horizons Genesis – LEGGI COME:

«Componiamo The Fountain of Salmacis e The Return of the Giant Hogweed. Sono nel mio elemento, sguazzo nella libertà creativa, nell’afflusso abbondante delle idee, nella misura della nostra ambizione, nella lunghezza delle nostre canzoni. Mi sento ringalluzzito e liberato, con i ragazzi che mi incoraggiano a dare il mio contributo.

E c’è anche una discreta libertà di manovra. Alcune sedute compositive implicano il radunarsi intorno a Tony, seduto all’organo Hammond, con Mike che suona la chitarra dodici corde e Peter che improvvisa un cantato. Io improvviso insieme a lui.

 Analogamente, Peter compone Harold the Barrel al piano e io sto al suo fianco, cantando la seconda voce e intervenendo con le mie idee, anche se la mia insicurezza mi grida dentro: “Di sicuro sono tutte cose che hanno già sentito!”.

Continua Phil: Quello che imparo componendo insieme ai ragazzi è il non accettare mai la prima idea melodica che canti. Bisogna andare più a fondo, e giocarci. Esplorare.

(…) Assimilo tutti quei trucchi da Peter, Mike e Tony, che sono compositori molto più esperti di me.

Lo sviluppo naturale di quelle sedute di composizione è che il batterista canterà una canzone. Non lunga, e solo una, ma è già qualcosa. Il momento arriva quando Steve si presenta con un pezzo di chitarra in stile pastorale, e io scrivo il testo.

Per familiarizzare i ragazzi con il testo e la melodia, apro la bocca e mi lancio… un po’. Non sono ancora sicuro: la mia voce mi sembra debole ed esitante. Ma a loro piace, e mi va bene così.

Alla fine For Absent Friends, con il suo minuto e quarantaquattro secondi, in senso stretto è più un intermezzo che una canzone. Ma è il mio primo pezzo da cantante solista con i Genesis. Da quel momento in poi, su ogni disco dei Genesis, tutte le voci che non siano quella di Peter, sullo sfondo o ai cori, sono mie.

A dire il vero, gli altri non sono bravissimi a cantare. E a me fa piacere cantare sullo sfondo, dalla comodità dello sgabello dietro la batteria.»

Ricorda Steve Hackett nella sua autobiografia A Genesis in my bed… – Acquistala qui sotto:

«Ho scritto la linea melodica principale di For Absent Friends e Phil ed io abbiamo scritto il testo. Sentivo che stavamo scrivendo la nostra Eleanor Rigby, con immagini come le altalene abbandonate, che simboleggiano l’aspro grigiore della vita britannica.

Sentivo che The Fountain Of Salmacis era un bellissimo brano epico. Il testo della mitologia greca era meravigliosamente evocativo del mondo antico in tutto il suo mistero e passione. 

(…) Sentivo di essere in grado di aggiungere significativamente alla canzone romanticismo e una vasta gamma di colori extra. Una volta che abbiamo registrato quel brano, le onde sonore del Mellotron hanno aggiunto un’altra eccitante dimensione.

 

Continua Steve: Ho lavorato intensamente sulle parti di chitarra di The Musical Box dalle atmosfere delicate e introspettive all’enorme finale elegiaco.

Le parti strumentali di chitarra erano innovative. Brian May affermò in seguito di essere stato influenzato dai miei armonici. Ho usato anche il tapping – la tecnica poi esplorata da Eddie Van Halen, tra gli altri –  sia su quella canzone che in The Return of the Giant Hogweed.»

Ricorda Mike Rutherford nella sua autobiografia, The Living Years, Arcana – Acquistala qui sotto:

«Nursery Cryme non era un album facile da scrivere. Forse erano solo le nuove dinamiche che l’hanno fatto sembrare così difficile al confronto. Se ci fosse stato Ant sono sicuro che non sarebbe stato così lento, ma avevamo bisogno di fare i nostri passi senza di lui per arrivare alla tappa successiva.

Questo è stato particolarmente vero per me: ho scritto una canzone, Harlequin, dove ho cercato di suonare sia la mia parte di chitarra che quella di Ant su una sola dodici corde, accordando le coppie di corde in armonia. Era piuttosto strano.

Continua Mike: Oltre a The Musical Box avevamo un’altra canzone già pronta e funzionante prima di arrivare a Crowborough. The Return of the Giant Hogweed aveva qualcosa per tutti i membri del gruppo: batteria veloce per Phil, terzetto con Tony e Steve che suoniamo armonie insieme, e un testo eccentrico di Pete su una pianta che era scappata dai Kew Gardens.

Seven Stones era proprio la canzone di Tony. Era un esempio di quello che chiamavamo gli accordi da cabaret di Tony: i suoi grandi accordi sdolcinati da music-hall che Phil e io facevamo fatica ad accettare, ma che lui amava.

Alla fine abbiamo dovuto fare una regola: Tony poteva metterne tre o quattro per album e non di più. (Ci siamo sempre chiesti che fine avessero fatto quelli che avevamo rifiutato. Poi nel 2011 Tony ha pubblicato un meraviglioso album classico e l’abbiamo scoperto).»

Ricorda Peter Gabriel, riportato nel libro Without Frontiers: The Life and Music of Peter Gabriel by Daryl Easlea, a proposito del testo di The Musical Box:

«Ho immaginato la casa dei miei nonni e alcuni dei sentimenti di fondo che avevo in quel posto. (…) Non avevano un prato da croquet, ma era una casa vittoriana, con pannelli di legno scuro, e aveva un’atmosfera che alimentava il testo di quella canzone.

Penso che il sesso permeasse tutto. La sensazione di costrizione, che in qualche modo fertilità, vitalità e sessualità fossero tutte collegate e che il vecchio mondo del controllo e dell’ordine era dall’altra parte dello spettro. Ed era qualcosa che doveva essere infranto.»

Ricorda Tony Banks nel medesimo volume :

«Avevamo testi che erano ironici, Peter era il miglior esponente di questo. Harold The Barrel è così eccentrico e fuori dagli schemi, ti dice “noi non siamo gli ELP”. È stato molto importante per noi. Non volevamo che si vedesse che ci prendevamo troppo sul serio».

Racconta Richard Macphail in My book of GenesisAcquistalo qui sotto (anche in versione inglese):

«Dopo aver lasciato Luxford alla fine dell’estate, la band tornò in studio con John Anthony. Erano al Trident, che costava 60 sterline all’ora, ma avendo provato tutte le canzoni così bene furono in grado di registrare abbastanza velocemente.

I Genesis sono sempre stati molto professionali in questo senso, non volevano sprecare tempo costoso in studio, se si poteva evitare.»

Ed ecco il racconto dei Genesis in occasione della riedizione del 2007:

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Le altre tappe dei 50 anni di “Nursery Cryme”:

Angolo del Collezionsta

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Ascolta i Genesis:

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